Patrigno e matrigna devono inserirsi in una famiglia formata, ma senza invadere troppo. Come costruire un buon rapporto coi figli del partner?
Qualche giorno fa mi trovavo in chiesa ad assistere alla prima Comunione di un bel gruppo di bambini. Osservavo la disposizione dei familiari sulle panche: nella prima, subito dietro i bambini, le madri; nella seconda, i padri; dietro, altri personaggi di età variabile non facilmente identificabili. Mentre guardavo, mi chiedevo: quanti patrigni e matrigne – o più correttamente, “terzi genitori”- ci saranno lì in mezzo? Parecchi probabilmente, dato che le famiglie ricomposte sono sempre più numerose. E dove avranno preso posto? E con quali difficoltà? Ripensavo infatti a tante situazioni viste nel mio lavoro di psicoterapeuta, alla fatica di queste famiglie di ridistribuire ruoli e responsabilità, che più che mai si evidenzia in circostanze come queste, nelle cerimonie, le feste comandate, i compleanni. Conflitti tra gli ex coniugi o tra gli ex e i nuovi partner possono devastare queste occasioni, tra invidie, gelosie, recriminazioni reciproche, pretese di escludere l’uno o l’altro da pranzi e cerimonie. O al contrario, a volte ho visto una collaborazione e una integrazione ammirevoli, una maturità di tutti che consente a questi bambini di avere intorno anche più amore degli altri, perché hanno più persone attente e responsabili che si prendono cura di loro con modi diversi ma che coesistono con serenità, rispetto e arricchimento per tutti.