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16-Jan-20 · Ciclo vitale, eventi e ricorrenze

"Prometto che quest'anno...": perchè i buoni propositi di inizio anno spesso falliscono

All'inizio di un nuovo anno tendiamo a formulare buoni propositi di cambiamento, che in genere però hanno vita breve. Accade soprattutto quando non sono in reale sintonia col nostro vero essere.

Cena leggera, qualche scena di Fantozzi su Youtube, alle nove e mezza via tutti i parenti e a letto. I botti, quelli in realtà ci furono lo stesso, perché alla mia vicina di letto avevano dato l’olio di ricino per tre giorni di seguito… Un Capodanno alternativo, quello che passai ricoverata in ospedale, e, a dire il vero, uno dei più belli che io ricordi. Bello perché più proficuo che mai, in termini di bilanci, considerazioni, propositi di cambiamento nonchè capacità di attuarli sul serio. Credo perché – oltre alla nuova consapevolezza che di solito gli eventi di malattia di per sé fanno emergere –  nella calma irreale dell’ospedale, lontano dal consueto rumore della festa, dai brindisi, dal chiacchiericcio, dal fragore dei fuochi d’artificio, potei riflettere in modo più profondo e intimo su quei progetti che tutti siamo portati a fare al cambio dell’anno.

Progetti che nella maggior parte dei casi hanno vita breve: a giugno generalmente se ne sono perse le tracce. A volte accade perchè gli obiettivi sono troppo ambiziosi e carichi di aspettative;  oppure, perché ci lasciamo abbattere dagli ostacoli e ci concentriamo sui nostri limiti. Più di tutto però, penso accada perché in effetti i buoni propositi non erano autentici. In genere, i propositi di cambiamento che sento fare a Capodanno sono sempre gli stessi: quasi tutti dicono “andare in palestra”, “dimagrire”, “smettere di fumare”, “lavorare meno”, “stare di più con la famiglia”. Lodevoli intenzioni, senza dubbio, ma suonano un po’ stereotipate, dette perché così deve essere, e non so quanto vicine al reale sentire. Possiamo riprometterci qualcosa più per un senso del dovere che per un sentito desiderio, o per accontentare altri e soddisfare le loro aspettative. Così, però, sarà quasi probabilmente destinata al fallimento.

Anche per le menti più razionali che restano indifferenti di fronte a tradizioni e superstizioni del Capodanno, o che ne criticano l’aspetto consumistico rifiutando di conformarsi ai consueti riti, questa data ha comunque un potere evocativo forte a cui è difficile sfuggire, suscitando una speranza magica di cambiamento e rinnovamento.

Il calendario, le date, sono convenzioni arbitrarie che segmentano in modo artificioso qualcosa che non ha inizio né fine ma è in costante divenire. Eppure sentiamo il bisogno di un punto da cui ripartire, di un nuovo inizio carico di attese in cui poter “resettare”. Fine e inizio sono esperienze universali che appartengono alla vita di tutti: dalla nascita in poi, si susseguono inizi e fini nel passaggio attraverso le varie esperienze della crescita del corpo, delle scuole, dei lavori, delle relazioni di coppia, delle nascite di figli e nipoti, fino alla morte stessa. La fine di qualcosa è anche l’inizio di un’altra; alla gioia e all’entusiasmo per il nuovo, si accompagnano sempre una certa tristezza per la perdita di ciò che lasciamo indietro e una dose di paura dell’incerto e dello sconosciuto. Lasciar andare il passato significa portare in salvo ciò che di buono ha portato per ricominciare un nuovo inizio con la fiducia di avere le capacità e i punti di forza per affrontarlo. Cambiare può fare paura perché rappresenta comunque la perdita di qualcosa: una parte della vita, una parte di sé, anche quando andiamo verso il meglio e il desiderabile e anche quando lasciamo qualcosa di spiacevole e doloroso, che però è pur sempre conosciuto e familiare, e perciò tranquillizzante. Resistere al cambiamento, d’altra parte, significa restare nella stagnazione, sempre più lontani dalla realizzazione di sé.

Usiamo allora questa occasione per fermarci a sentire cosa stiamo reprimendo, cosa stiamo sacrificando per chi e per che cosa, cosa è ora di lasciar andare perché non ci corrisponde più, cosa non ci soddisfa, cosa invece esprime pienamente ciò che siamo o che vorremmo essere.

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Signorina lei ha bisogno d'affetto

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